La felicità ed il benessere, probabilmente, sono temi di discussione che, mai come in questo momento storico che l’umanità sta affrontando, ricevono continue attenzioni da parte di esperti, e non. Concetti spesso confusi con il piacere e la soddisfazione, vengono diffusi attraverso i media e le campagne pubblicitarie di qualsiasi bene di consumo, il più delle volte associati a bellezza, successo, fama, continua produzione e potere e, quindi, collegati ad aspetti puramente estetici o comunque esterni a noi, che non fanno altro che favorire un immaginario sociale comune tanto ingannevole quanto limitante. I modelli mentali quali “Vince il più forte”, “Prima il dovere poi il piacere”, non sono più adatti e, probabilmente, non lo sono mai stati
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Non esiste una definizione unica di felicità, ma resta certo questa scaturisca dall’interno. Interessante la concezione di felicità e di benessere esposta da Matthieu Ricard, monaco con dottorato in Genetica cellulare, il quale la considera “condizione esistenziale, uno stato di profondo equilibrio emotivo che, a sua volta, è il risultato della comprensione approfondita del funzionamento della mente”. Imparare a conoscere i meccanismi del nostro cervello è, dunque, una condizione necessaria ed indispensabile per predisporsi ad essere felici. E sapete da quali campi derivano le ultime ricerche neuroscientifiche in tale ambito? Dalla Neurocardiologia e dalla Neurogastroenterologia. Proprio così! Tutti noi, nessuno escluso, abbiamo due cervelli in più di quello che già comunemente siamo abituati a pensare di avere, che si collocano l’uno nel cuore e l’altro nell’intestino. La bellezza di questa scoperta risiede soprattutto nell’interconnessione tra questi tre cervelli che, a quanto pare, “parlano la stessa lingua”. E pare non si tratti di scoperte da poco, perché dalla conoscenza di noi stessi deriva anche la nostra rappresentazione del mondo e delle forme di organizzazione che creiamo, come ben dimostrato nel libro “La scienza delle organizzazioni positive”, di Veruscka Gennari e Daniela Di Ciaccio, la prima, ospite del prossimo incontro a Palazzo Innovazione, in programma mercoledì 17, dalle 14:30, in live streaming sui canali social.
Secondo le autrici, la scoperta dei tre cervelli cambia completamente la concezione di benessere e di felicità, oltre all’angolazione dalla quale siamo abituati ad osservare e studiare le organizzazioni. Se per anni abbiamo pensato di avere un solo cervello ben protetto nella testa, non dovremmo meravigliarci della tipica organizzazione piramidale fondata su forme gerarchiche e autoritarie che si riscontra nelle aziende moderne. Oggi, difatti, studiosi, psicologi e professionisti sono consapevoli dell’impatto che la propria vita lavorativa può avere sul funzionamento generale e della sua importanza per realizzare una vita soddisfacente. Lo spazio di ricerca in cui vengono esplorati questi potenziali è comunemente noto come Psicologia Organizzativa Positiva e i professionisti che operano in questo campo mirano a creare e sostenere ambienti di lavoro che supportano il potenziale umano, la serenità ed il benessere individuale e collettivo. L’obiettivo di tutti dovrebbe mirare a dare vita a organizzazioni e contesti lavorativi orizzontali, ispirati da un’intelligenza emotiva e da un benessere comune ed esteso, nei quali tutti i lavoratori esercitano un controllo consapevole e responsabile al servizio dell’intero sistema. Integrando continuamente e regolarmente risorse quali la resilienza, l’altruismo, la fiducia nel prossimo, che risiedono in ognuno di noi, saremmo in grado di svolgere il nostro lavoro in modo efficace ed efficiente, e godere di un sano senso di benessere con noi stessi e con i nostri colleghi, senza correre il rischio di imbattersi in problematiche quali il burnout, i continui scontri tra collaboratori ed altri stati negativi. Posto che trascorriamo un terzo della nostra vita al lavoro, si può e si deve pensare alla Psicologia Organizzativa Positiva come al campo di studio che cerca di rendere quel terzo del nostro tempo degno di essere vissuto ed apprezzato: un percorso arduo, ma che può essere reso possibile grazie all’introduzione di nuovi professionisti specializzati e qualificati, come il Chief Happiness Officer, il cui obiettivo è proprio quello di garantire che, in ogni contesto lavorativo, la cultura e la scienza della felicità e della positività diventino una priorità strategica, per il benessere e la sostenibilità tanto delle persone quanto dell’azienda.
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